«Il mio amico Piero Angela e quel suo ultimo libro scritto a mano con la biro»
Il ricordo dell’amico e collaboratore Alberto Luca Recchi: «Sorrideva e razionalizzava sempre, per questo non è mai invecchiato. Era riservato, ma il suo rapporto con la moglie Margherita mi ha svelato la bellezza dell’amore»
Alberto Luca Recchi, esploratore, fotografo e scrittore, ricorda l’amico Piero Angela con cui ha scritto 5 libri e realizzato la conferenza-spettacolo I Segreti del Mare.
Venezia 2019, Teatro la Fenice. Dopo due ore di spettacolo sul mare, entriamo in camerino stanchi e sudati, Piero mi poggia la mano sul braccio e mi dice: «Alberto, quanto pagherei per avere 80 anni!». D’Altronde aveva già 91 anni. Poi, quasi per tirarsi su, aggiunge: «Però devo godermela questa serata, perché nella mia vita non sarò mai più giovane come oggi». Piero era così: razionalizzava, riassumeva, sorrideva e poi razionalizzava di nuovo, sempre con leggerezza. Forse per questo non è mai invecchiato.
D’altronde, si invecchia non quando passano gli anni, ma quando si smette di ridere e di sognare. E lui non si è mai fermato e non ha mai smesso di fare entrambe le cose in un’attività intensa: trasmissioni televisive, lezioni per i giovani, conferenze, libri, teatro e perfino un disco jazz, registrato «ai tempi supplementari». Un ultimo libro su quello che ha imparato nella sua lunga vita è ancora sulla sua scrivania. Ovviamente, con i fogli scritti a mano con la biro, come sempre.
Metà della mia vita e un terzo della sua l’abbiamo trascorsa vivendo avventure insieme. Spesso lui da Roma e io per mare. Eravamo lontani, ma non eravamo distanti. Così era 25 anni fa quando cercavo lo squalo bianco nel Mediterraneo e non lo trovavo e lui in studio e ogni settimana mi chiedeva: «Lo hai trovato lo squalo bianco?» E io rispondevo: «Purtroppo no, Piero». Così è anche oggi, in cui ancora sono in mezzo al mare e stiamo facendo viaggi diversi. La voglia di esplorare ci univa e ci legava anche una robusta affinità umana. Ci siamo conosciuti più di 30 anni fa. Una mattina mi telefona un editor della Mondadori e mi dice: «C’è Piero Angela che vorrebbe fare un libro sul mare con lei». Io rispondo: «E come no? E magari anche Umberto Eco vorrebbe fare un romanzo con me, vero?». «Guardi che non è uno scherzo. Domani venga in via Sicilia e ne parliamo». Il giorno dopo vado, e c’erano Piero e Alberto che mi proposero di fare un libro fotografico sul Mediterraneo. Lo realizzammo e poi, dopo il primo, venne il secondo e poi altri. Così diventammo amici.
Ho appena letto un articolo su un quotidiano che lo racconta come una persona fredda, quasi gelida. Chi ha scritto quelle righe lo conosceva poco e solo da lontano, anche se in effetti, lui quasi si compiaceva nel raccontarsi più distaccato di come davvero era. Era riservato e poco propenso a esibire l’affetto del corpo o l’esagerazione delle parole, questo sì, ma il suo rapporto forte e lungo con la moglie Margherita mi ha fatto scoprire la bellezza senza età dell’amore tra un uomo e una donna. E poi affetto, amicizia e capacità di amare vanno al di là di forma e parole. Certo, era piemontese, ma slancio e battuta ironica non gli mancavano. E soprattutto aveva un grande rispetto per gli altri.
Una volta andammo a presentare un libro in una libreria di Roma. L’editore non aveva fatto promozione all’evento e in sala c’era solo una signora. Un solo spettatore per chi era abituato ad avere milioni di telespettatori. Con un certo imbarazzo, chiesi a Piero: «Che facciamo, ce ne andiamo?». Mi rispose: «Perché mai? Questa signora si è disturbata per venire, quindi facciamo la nostra presentazione. Glielo dobbiamo». Dopo un po’ si sparse nel quartiere la notizia che c’era Piero Angela e la sala si riempì oltre misura. Una lezione di vita e di umiltà che non dimenticherò.
Scrivendo queste righe mi sono accorto che ho usato il passato. Piero era… Piero rispose… Ho sbagliato. Piero non «era», Piero «è». E «sarà». Perché continua a vivere in ognuno di noi.